Il primo ciclo mestruale l'ho subito come una punizione, un fastidio inutile che non serviva a nient
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Il primo ciclo mestruale l'ho subito come una punizione, un fastidio inutile che non serviva a niente, tanto mica a 11 anni devi far figli. Questa tendenza, questo fastidio, questo tradimento da parte del mio corpo che, una volta era scattante e sano e ora, ha sviluppato un seno senza chiedere permesso, sanguina senza chiedere permesso, mi causa disturbi ormonali, mi toglie energie per ovulare ogni mese, riprpduzione a tutti i costi. Oltre a questo ho avuto fibromi ed emoraggie intense che all'età di 30 anni mi hanno portato a una miomectomia di emergenza. In quella circostanza, avevo chiesto di togliere l'utero e lasciare le ovaie, cosí da non rischoare una recidiva dei fibromi, e quindi un secondo intervento. Mi é stata negata la possibilità di autodeterminzrmi, perché il ginecologo paternalista di turno ha detto "lei non puó sapere se in futuro cambierà idea". E invece io lo sapevo, strano che anche una donna possa avere le idee chiare, vero? Infatti dopo 9 anni non ho affatto cambiato idea, e ho sviluppato nel frattempo una profondissima avversione per il ciclo mestruale. Ho sofferto cosí tanto che ho cercato e trovato un medico che mi facesse l'isterectomia. Purtroppo sono capitata di nuovo nelle mani di un obiettore vecchio stampo. Mi ha lasciato la cervice, nonostante le linee guida dicono che non ci sono vantaggi nel lasciarla, e la cervice puó causare sanguinamenti mensili, praticamente ho fatto l'isterectomia e posso continuare ad avere perdite mensili! E lui di questo non mi ha informata. Ne ho già avute alcune leggere, e non so cosa accadrà in futuro. Sono in una situazione molto brutta perché non so se queste perdite peggioreranno. Un secondo intervento sarebbe rischioso, cure ormonali non ne posso fare per sopprimere il ciclo ovarico. Vivo continuamente con l'angoscia, odio il seno che fa male prima del ciclo, odio le perdite vaginali, odio il fatto che il mio corpo a 40 anni, ancora continui questo stupido processo di riproduzione. Io non voglio questo dentro me, voglio tornare come quando ero bambina. Non voglio essere vista come uno strumento riproduttivo, come una che "le lascio la cervice cosí non avrà problemi coi rapporti" perché questo medico ha dato per scontato che fossi etero? Sono stanca di girare ginecologi e finire sempre in sala d'attesa con ste donne incinte. Sono stanca di chi mi chiede se sono lí anch'io per questo. Come devo fare a superare questo rifiuto? Vi prego datemi un consiglio, ovviamente so che dovrei andare in terapia, ma non ho i soldi al monento, vorrei solo capire da cosa deriva questo mio rifiuto.
Il tuo rifiuto del ciclo mestruale ha radici profonde e comprensibili. A 11 anni hai vissuto il menarca come un'invasione del tuo corpo, un evento imposto senza consenso che ha alterato la tua percezione di te stessa.
Il trauma medico ha aggravato questa situazione. Due interventi gestiti paternalisticamente, dove le tue scelte sono state ignorate, hanno rafforzato il senso di non appartenenza del tuo corpo. La decisione del chirurgo di lasciare la cervice senza informarti rappresenta una grave violazione della tua autonomia.
Oltre al disagio di accettare la tua identità femminile, credo ci sia una crisi esistenziale più profonda alla quale dovresti dare una risposta. Il tuo rifiuto deriva da disturbo dell'immagine corporea, trauma medico iatrogeno, ma soprattutto da una ricerca di senso: chi sei tu al di là del ruolo riproduttivo che la società ti assegna? La tua frase "voglio tornare come quando ero bambina" rivela il desiderio di un'identità non definita dalla biologia.
Questa è una domanda spirituale fondamentale: la tua essenza va oltre il corpo fisico. Sei creata a immagine di Dio, non come strumento riproduttivo. Il corpo è tempio dello Spirito Santo, ma questo non significa accettare passivamente sofferenze evitabili.
Un percorso psicoterapeutico ti aiuterebbe a elaborare questi traumi e a esplorare questa crisi identitaria più profonda, trovando risposte su chi sei veramente al di là delle funzioni biologiche.
Il trauma medico ha aggravato questa situazione. Due interventi gestiti paternalisticamente, dove le tue scelte sono state ignorate, hanno rafforzato il senso di non appartenenza del tuo corpo. La decisione del chirurgo di lasciare la cervice senza informarti rappresenta una grave violazione della tua autonomia.
Oltre al disagio di accettare la tua identità femminile, credo ci sia una crisi esistenziale più profonda alla quale dovresti dare una risposta. Il tuo rifiuto deriva da disturbo dell'immagine corporea, trauma medico iatrogeno, ma soprattutto da una ricerca di senso: chi sei tu al di là del ruolo riproduttivo che la società ti assegna? La tua frase "voglio tornare come quando ero bambina" rivela il desiderio di un'identità non definita dalla biologia.
Questa è una domanda spirituale fondamentale: la tua essenza va oltre il corpo fisico. Sei creata a immagine di Dio, non come strumento riproduttivo. Il corpo è tempio dello Spirito Santo, ma questo non significa accettare passivamente sofferenze evitabili.
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Gentile signora,
ciò che racconta è il risultato di un dolore reale, stratificato nel corpo e nella storia: il sentirsi tradita dal proprio corpo, ignorata nelle scelte, letta e trattata secondo logiche paternalistiche. Il rifiuto che prova oggi non è patologico, ma una reazione coerente a esperienze di mancato ascolto e controllo negato.
Non si tratta semplicemente di "accettare", ma forse di dare un senso a questo rifiuto, capirne le radici profonde e trovare un modo per trasformarlo, quando e se lo vorrà, in qualcosa che le restituisca spazio e libertà.
Quando sarà possibile, un lavoro più approfondito in uno spazio protetto potrebbe aiutarla a fare ordine e a riprendersi il diritto di sentirsi bene nel proprio corpo, alle sue condizioni.
Resto volentieri a disposizione.
Dr Elicio
ciò che racconta è il risultato di un dolore reale, stratificato nel corpo e nella storia: il sentirsi tradita dal proprio corpo, ignorata nelle scelte, letta e trattata secondo logiche paternalistiche. Il rifiuto che prova oggi non è patologico, ma una reazione coerente a esperienze di mancato ascolto e controllo negato.
Non si tratta semplicemente di "accettare", ma forse di dare un senso a questo rifiuto, capirne le radici profonde e trovare un modo per trasformarlo, quando e se lo vorrà, in qualcosa che le restituisca spazio e libertà.
Quando sarà possibile, un lavoro più approfondito in uno spazio protetto potrebbe aiutarla a fare ordine e a riprendersi il diritto di sentirsi bene nel proprio corpo, alle sue condizioni.
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