Trattamento dell’iperplasia prostatica benigna

Andrologia • 27 marzo 2017 • Commenti:

L’iperplasia prostatica benigna è una patologia caratterizzata dall’incremento di volume della prostata. Sebbene il termine medico corretto per indicare questa condizione sia iperplasia (cioè un aumento del numero delle cellule), la dicitura ipertrofia (cioè un incremento nel volume delle singole cellule) ha preso largamente spazio nel linguaggio comune.

A seconda dell’età, delle dimensioni prostatiche e della severità dei sintomi, esistono numerosi trattamenti da prendere in considerazione per l’iperplasia prostatica benigna.
In presenza di una sintomatologia lieve, si può scegliere di posticipare il trattamento e tenere monitorata l’evoluzione dei sintomi: in alcuni casi è possibile che scompaiano spontaneamente senza alcun bisogno di terapia.

Trattamento farmacologico dell’iperplasia prostatica benigna

La terapia farmacologica è la strategia di trattamento più comune in presenza di una sintomatologia moderata dovuta all’iperplasia prostatica, e si avvale soprattutto dei seguenti farmaci.

  • Alfabloccanti (o agenti bloccanti alfa adrenergici)
    Questa classe di farmaci è in grado di rilassare i muscoli della vescica e le fibre prostatiche, rendendo la minzione meno difficoltosa. Gli alfabloccanti sono particolarmente efficaci negli uomini con una prostata di ridotte dimensioni.
    Gli effetti collaterali di questi farmaci includono le vertigini e l’eiaculazione retrograda, una condizione innocua nella quale, durante l’orgasmo, il liquido seminale finisce all’interno della vescica invece di essere espulso.

  • Inibitori della 5-alfa-reduttasi
    Questa classe di farmaci consente di restringere la prostata prevenendo le alterazioni ormonali che ne causano l’abnorme crescita. Un trattamento a base di inibitori della 5-alfa-reduttasi può impiegare anche sei mesi per apportare benefici. Il principale effetto collaterale è l’eiaculazione retrograda.

  • Terapia combinata
    Soluzione solitamente utilizzata dopo aver tentato una delle terapie precedenti, in assenza di risultati il medico può scegliere di somministrare al paziente una terapia combinata a base di alfabloccanti e inibitori della 5-alfa-reduttasi.

  • Tadalafil
    Questo farmaco (forse più noto come “pillola blu”) si è dimostrato efficace nel trattare l’ipertrofia prostatica. Tuttavia il medico prescrive una terapia a base di tadalafil solo nel caso in cui siano presenti problemi di disfunzione erettile.

Trattamento chirurgico dell’iperplasia prostatica benigna

In presenza di sintomatologia severa o di risultati insoddisfacenti della terapia farmacologica, potrebbe essere necessario ricorrere ad un trattamento chirurgico (spesso di stampo microinvasivo). L’approccio chirurgico potrebbe non essere preso in considerazione dal medico nel caso di un’infezione del tratto urinario in corso, un’alterazione strutturale dell’uretra o una malattia neurologica (come la sclerosi multipla o il morbo di Parkinson).

  • Resezione endoscopica della postata (TURP)
    Tramite l’inserzione di un catetere all’interno dell’uretra, si procede alla rimozione del tessuto interno della prostata. Questa procedura è la più usata dai chirurghi poiché risulta efficace in circa il 90% dei casi nell’eliminare rapidamente la sintomatologia. L’unico inconveniente consiste nella necessità di utilizzare un catetere per i primi giorni e di astenersi da un’intensa attività fisica fino alla completa guarigione.

  • Laserterapia (PVP)
    Questa tecnica si avvale di un laser ad alta potenza per vaporizzare il tessuto iperplastico della prostata. La laserterapia risulta solitamente efficace fin da subito e presenta minori rischi di complicanze rispetto alla terapia chirurgica tradizionale. Il trattamento con il laser viene utilizzato nei pazienti che non possono essere sottoposti ad altri trattamenti poiché in terapia con farmaci anticoagulanti.

  • Prostatectomia a cielo aperto
    Effettuata tramite un dispositivo computerizzato o direttamente dal chirurgo, consiste nella completa rimozione della ghiandola prostatica. La procedura “a cielo aperto” necessita di un’incisione nella zona addominale ed è utilizzata in caso di gravi ipertrofie o altre complicanze. Questa tecnica necessita una degenza ospedaliera di più lungo corso e comporta un rischio maggiore di necessitare una trasfusione sanguigna.

A seconda della procedura chirurgica scelta dal medico per l’iperplasia prostatica benigna, si possono presentare delle complicanze: eiaculazione retrograda, infezioni del tratto urinario, disfunzione erettile, tracce di sangue nelle urine e (molto raramente) incontinenza sono tra le più comuni. Chiaramente, una prostatectomia a cielo aperto necessita di maggior tempo di ripresa rispetto ad una tecnica d’intervento microinvasiva. Una temporanea difficoltà durante la minzione è da considerarsi naturale, e tende a scomparire nelle settimane seguenti l’intervento. A prescindere dal tipo di intervento subito, il consiglio più importante è di bere molta acqua per facilitare la guarigione spontanea.

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