La perdita di urina maschile

Urologia • 28 settembre 2015 • Commenti:

La tenuta dell’urina dagli uomini è possibile grazie al funzionamento delle strutture sfinteriali, composte dallo sfintere interno e da quello esterno. Lo sfintere interno dell’uretra, costituito da fibre muscolari che si contraggono involontariamente, si trova al collegamento dell’uretra con la vescica. Lo sfintere esterno è un meccanismo „d’aiuto”, ed è composto da fibre muscolari che circondano l’uretra nella zona del diaframma urogenitale. La contrazione di questi muscoli può essere provocata volontariamente.

Un urto che provoca il danneggiamento di entrambi gli sfinteri o il danneggiamento dei loro nervi, porta all’incontinenza. Questo accade soprattutto dopo un urto grave che provoca la rottura del bacino e il danneggiamento del diaframma urogenitale. A volte è dovuta agli interventi alla prostata (la prostatectomia radicale), che si esegue per curare il tumore, sia quello maligno che quello benigno.

Dopo l’eliminazione dell’adenoma oppure la prostatectomia radicale rimane attivo soltanto lo sfintere esterno, dalle quali condizioni dipende quindi il livello di continenza. Il danneggiamento di quello sfintere o il suo indebolimento dovuto all’invecchiamento, provoca l’incontinenza di diversi livelli – dalle poche gocce uscenti dall’uretra, all’incontinenza totale. La perdita di urina è maggiore durante uno sforzo che provoca l’aumento della pressione intra-addominale, come p.es. la tosse, l’atto di ridere, lo starnutire o il sollevamento di un oggetto pesante. In casi di incontinenza totale, tutta l’urina esce inconsciamente dall’uretra, non si accumula nella vescica e quindi l’afflitto non urina ad un flusso costante. Il fattore peggiorante in casi di indebolimento dello sfintere è la contrazione troppo forte della vescica, a volte dovuta all’infiammazione di quest’ultima. L’aumento dell’incontinenza dopo l’intervento di solito diminuisce col passare del tempo e grazie allo svolgimento da parte del paziente di alcuni esercizi (gli esercizi dei muscoli del diaframma urogenitale) che hanno come scopo rafforzare lo sfintere. Il livello effettivo di incontinenza dopo la prostatectomia radicale si può confermare solo dopo circa un anno dall’intervento.

Per alcuni anche poche gocce di urina sono inaccettabili, per altri, meno attivi, che conducono una vita sedentaria, i problemi d’incontinenza possono essere meno spiacevoli. È importante ricordarsi però, che ogni livello d’incontinenza peggiora notevolmente la qualità di vita.

Per questo motivo una diagnosi precisa sul livello d’incontinenza non è facile. Usiamo delle analisi che in maniera più o meno oggettiva, permettono di giudicare il livello di danneggiamento dello sfintere dell’uretra. Uno di quei metodi è il cosiddetto test del pannolino. Consiste nel pesare il pannolino dopo un’ora o giorno che il paziente l’ha portato addosso (a differenza della versione del test), e durante quel tempo assumeva molti liquidi e svolgeva esercizi che potevano provocare l’espulsione dell’urina (sollevamento di oggetti, tosse, camminate sulle scale ecc.)

Un altro metodo di diagnosi è l’analisi urodinamica, consistente nel giudicare precisamente il legame tra i diversi elementi del tratto urinario, nell’azione del urinamento (lo sfintere, il muscolo della vescica). Questo metodo può essere esercitato solo in centri specializzati, in quanto richiede una grande esperienza e degli strumenti diagnostici adeguati.

Una circostanza importante che influisce sull’incontinenza dopo l’intervento alla prostata è l’infezione del tratto urinario. Questa infezione può in maniera evidente favorire il danneggiamento della parete della vescica, il che può portare ad un’urinamento frequente. La diagnosi in quella direzione è un elemento obbligatorio di tutto il processo di cura. In caso di presenza dell’infezione del tratto urinario bisogna innanzitutto curarla, e solo in seguito occuparsi del problema dell’incontinenza.

Uno degl’elementi più importanti della diagnosi è una completa intervista col paziente, che permetta di giudicare il livello del problema e di scegliere bene il trattamento. Per questo è importante un buon contatto e una buona collaborazione tra il paziente e l’urologo.

 

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