I miei figli non rispettano le regole! Come riuscire a ri-stabilire delle buone regole educative per i propri figli

Esperto Maria Alessandra ForliniPsicologia, Psicologia • 12 ottobre 2016 • Commenti:

Cos’è una regola?

Quando ci poniamo quesiti come questo, dobbiamo ricordare che per ogni termine esiste un significato “Razionale” condiviso (quello per così dire da vocabolario) e un significato prettamente “Emotivo” (che è assolutamente soggettivo).

Pensate alla parola “ROSSO”, che sia un colore (significato razionale condiviso) è innegabile! Ma se ci concentriamo sul significato emotivo, che ognuno di noi in base alla propria esperienza costruisce nel tempo, ecco che “ROSSO” diventa: passione, amore, odio, sangue, bandiera, tramonto, fuoco, etc. Nel nostro agire quale dei due significati prevarrà?

Torniamo al termine REGOLA (significato razionale condiviso):

  1. Norma dell'agire che prescrive il modo in cui comportarsi in determinate circostanze.

  2. Nei vari campi di attività e discipline scientifiche, precetto a cui attenersi per raggiungere un determinato scopo o per risolvere correttamente un problema.

  3. Normalità abituale, modalità costante che caratterizza una determinato fatto o una serie di fatti.

Provate ora a chiedervi: cos’è per voi la regola? Limite, restrizione, condizionamento, sofferenza, sostegno, binario (sono alcuni termini raccolti nei seminari che svolgo sull’argomento)…

Qual è la nostra esperienza con le REGOLE? Riflettiamoci un momento perché sarà proprio questo significato a guidare la nostra azione nel momento in cui, diventati genitori, cercheremo di “imporle” – oh pardon - di “insegnarle” ai nostri figli.

Le regole vanno insegnate ma occorre tener conto che:

  • Nel dare TROPPI LIMITI (o regole) si rischia di interferire sul diritto del bambino:

– a sperimentare

– a mettersi in gioco

  • Mentre la loro mancanza:

– gli impedirà di interiorizzare i confini tra ciò che può fare e ciò che non può fare anche in rapporto alle proprie capacità

Qualche riflessione sulle regole

Generalmente il bambino fatica a contenere i propri impulsi e impara a farlo nel tempo. Il ruolo del genitore in questo caso è determinante, perché nel dargli i limiti lo aiuta proprio in questo processo di apprendimento. Il LIMITE consente al bambino di sperimentare una certa dose di FRUSTRAZIONE che deriva dal fatto di non poter ottenere TUTTO SUBITO!

Ancora una volta, TROPPI SI e TROPPI NO fanno entrambi male: è una questione di misura.

Il genitore che accontenta in tutto il bambino (in certi casi addirittura anticipando l’espressione del desiderio) evitandogli qualsiasi frustazione corre il rischio di privarlo di un’esperienza importante:

  • La mentalizzazione del desiderio o del bisogno insoddisfatto e,

  • La conseguente spinta all’utilizzo delle proprie risorse e capacità per uscire dalla sua condizione di frustrazione e di disagio.

Ecco che avremo a che fare con un bambino che sarà fortemente “danneggiato” nella sfera dell’autonomia e della sicurezza.

l bambino al quale non viene concesso tutto o che deve semplicemente attendere che il suo desiderio venga esaudito, ha la possibilità invece:

  1. Di pensare a quanto effettivamente gli piaccia quella cosa, a quanto ne abbia effettivamente bisogno;

  2. Di individuare dentro di se le risorse per risolvere autonomamente la richiesta (es.: mettere da parte i soldi della paghetta per comprare il gioco desiderato);

  3. Di imparare ad attendere fronteggiando la frustrazione con parole di auto-incoraggiamento (es.: “so che quando papà mi promette qualcosa, poi lo fa, devo solo aspettare fino a sabato!”).

Quando un genitore sta evitando di dire NO è bene che si interroghi: “Chi sto proteggendo? Me o lui/lei?

Porsi queste domande significa aiutarsi a comprendere se ciò che sta attuando sia realmente indirizzato al figlio o piuttosto a se stesso, al suo bisogno di considerarsi un buon genitore. Se così è, si rischia di intervenire come se il bambino non esistesse e non fosse in grado di imparare. Significa considerarlo privo di risorse. Il messaggio che nostro figlio riceve può quindi diventare svalutativo e disconfermante.

Questo renderà il bambino insicuro perché non avrà potuto attivare le sue risorse e capacità non avendole mai conosciute né sperimentate.

Avere dei limiti, grazie anche all’aiuto rassicurante dei genitori, permetterà al bambino di avere dei contenitori mentali proprio per tali esperienze.

Anche lo star male, il dolore e l’angoscia possono essere più sopportabili se ci sono questi contenitori che delimitano, piuttosto che viverli come emozioni travolgenti che esondano in un animo ancora fragile!

Come si fa a insegnare le regole?

I passaggi importanti per insegnare delle regole ai vostri figli sono:

  • Stabilire le regole che per noi sono importanti: per iniziare scegliamone al massimo 3 che per noi siano fondamentali (es.: dire buongiorno al mattino, lavarsi i denti prima di andare a dormire, TV spenta quando si mangia…).

  • Valutare quanto ci costa metterle in atto: già perché i primi a doverle rispettare dovremo essere proprio noi genitori! Se, dopo aver dato la regola (es. "TV spenta quando si mangia") siamo noi a violarla (Magari perché vogliamo ascoltare il TG), stiamo insegnando ai nostri figli:

  1. A non prenderci sul serio quando diciamo loro cosa fare;

  2. Che le regole possono essere disattese;

  3. Che chi ha più potere può cambiare le regole a suo favore;

  • Scegliere tempi, modi e strategie: dovremo imparare a pianificare il nostro intervento per comprendere se c’è qualcosa da modificare o se invece si può procedere.

Fondamentale per la buona riuscita sarà il dialogo tra i due genitori, che dovranno non solo condividere la scelta delle regole ma sostenersi l’un l’altro. Confrontatevi a lungo tra voi prima di intraprendere il cammino con i vostri figli!

Le tecniche

La punizione è tra le tecniche più utilizzate. Ma funziona davvero? No ovviamente, perché indica ciò che non va ma non è in grado di correggere il comportamento. Spesso è una conseguenza del senso di frustrazione vissuto dal genitore che letteralmente non sa cosa fare per farsi ascoltare. Ma allora perché la utilizziamo?

  • Perché non ci concediamo il tempo per ipotizzare alternative;

  • Perché è più facile percorrere la stessa strada anche se porta in un vicolo cieco che impegnarsi a cercarne di nuove;

  • Perché rafforzare l’idea che nostro figlio è “un caso difficile” ci fa sentire al riparo da possibili critiche.

Per funzionare, una punizione dovrebbe essere immediata (in prossimità dell’evento negativo) e misurata (cioè della stessa intensità dell’evento negativo). Quante volte abbiamo sentito insegnanti dire ai genitori di punire i figli a casa per qualcosa che avevano o non avevano fatto in classe? Chiariamo una volta per tutte questo concetto: non possiamo intervenire per correggere qualcosa se non eravamo presenti al momento dell’evento!

Allora, come fare?

  • Fare richieste positive: dire ciò che ci aspettiamo che faccia e non ciò che non deve fare. Dobbiamo porre l’attenzione proprio sul linguaggio che utilizziamo, es.: “Mi aspetto che tu metta in ordine la tua stanza, o meglio ancora che tu metta i vestiti nell’armadio e libri e quaderni nella libreria” piuttosto che gridare “Non mettere in disordine!”.

  • Dare un compito correttivo (da intendersi come punizione educativa) ovvero fargli assumere la responsabilità delle proprie azioni (es. "Se hai rovesciato il bicchiere d’acqua – prendi una spugna e asciuga!").

È chiaro che in questo percorso di apprendimento è fondamentale la funzione guida del genitore perché:

Non esistono bambini cattivi, ma solo cattivi educatori!

Quando ricorrere a un aiuto esterno?

È pur vero che a volte, nonostante la buona volontà proprio non riusciamo a risolvere da soli la questione. Il disagio aumenta, ci sentiamo inadeguati, spesso aumentano le discussioni con il/la nostro/a partner proprio a causa dei figli. Tutto questo va a minare la fiducia e l’autostima che abbiamo nei nostri confronti. Ci sentiamo in trappola, incapaci di educare i nostri figli, perseguitati dai loro capricci/richieste.

In tutti questi casi è bene affrontare l’argomento prima con il/la proprio/a partner e scegliere quindi il professionista che può garantirci un sostegno ad ampio spettro.

Lo psicologo, adeguatamente formato, può sostenere la coppia genitoriale (o il singolo genitore) nel difficile compito di educare i figli, mediante interventi di sostegno psicoeducativo, occupandosi sia dell’aspetto pedagogico che del sostegno emotivo. Si tratta di percorsi relativamente brevi (8-10 max 12 incontri) durante i quali si inizia con la descrizione attenta della situazione e la valutazione delle aspettative di cambiamento per passare all’analisi delle risorse.

Una volta descritta la situazione di partenza e identificati gli obiettivi si passa a descrivere il percorso per raggiungerli:

  • Modalità;

  • Tecniche;

  • Tempi;

  • Rinforzi;

  • Verifiche.

I genitori saranno chiamati ad effettuare un lavoro sul campo coordinandosi tra loro, sostenendosi a vicenda e verificando i risultati insieme allo psicologo. Quando necessario, lo psicologo può effettuare anche delle visite domiciliari per meglio calibrare il suo intervento.

Non abbiate timore a mostrare le vostre fragilità, perché educare al meglio delle vostre possibilità i vostri figli, è un obiettivo possibile. Buon lavoro!

Esperto

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