Che cos’è la malattia di La Peyronie?

Andrologia • 26 marzo 2017 • Commenti:

Il morbo di La Peyronie, detta anche “induratio penis plastica”, è una patologia limitata al pene senza conseguenze note nel resto dell’organismo, caratterizzata da una placca palpabile nella tonaca albuginea (membrana fibrosa sotto la cute) che al momento dell’erezione provoca una curvatura dell’asta.

Quali sono i sintomi?

  • Placca e indurimento dell’asta

  • Curvatura o deformità all’erezione

  • Dolore spontaneo al pene

  • Erezione dolorosa

  • Disfunzione erettile

Solitamente, la malattia si palesa attorno ai 50 anni, colpendo circa 1 uomo su 200, anche se in un’indagine condotta fra uomini di 30 anni riportava che fino al 5% di questi presentava placche palpabili a livello del pene.

La disfunzione erettile

La malattia può essere molto difficile da affrontare e la disfunzione erettile che ne deriva è dovuta essenzialmente a 4 fattori diversi:

  • deformità gravi che impediscono la penetrazione e quindi i rapporti sessuali

  • flaccidità

  • difetti della componente vascolare che portano ad un’alterata erezione

  • ansia e disagio derivanti dalla forma anomala del proprio pene

Qual è la causa?

Pare che i ripetuti piccoli traumi al pene che si verificano durante i rapporti sessuali siano i responsabili della formazione di tessuto cicatriziale duro, che nel tempo si può ritrarre (come le cicatrici cutanee) e determinare deformità e perdita di funzione.
La localizzazione sul dorso del pene (nella maggior parte dei casi) tende a supportare questa ipotesi: durante la penetrazione infatti l’area di maggior stress sull’asta è a livello dorsale. La penetrazione non crea danni per via della consistenza elastica del membro ma, se particolarmente violento, l’atto può portare a ripetuti microtraumi.

Come si diagnostica?

Il medico alla prima visita (generalmente un urologo o andrologo) chiederà al paziente una serie di informazioni sulla sua storia personale, per capire se presenta i sintomi tipici della malattia, per poi esaminare il pene ed eventualmente stimolare un’erezione con l’iniezione di farmaci.
L’uso dell’ecografia, inoltre, permette di valutare aree di tessuto fibroso, la localizzazione della placca e difetti della componente vascolare.

Che terapie sono disponibili?

Dal punto di vista medico sono disponibili:

  • farmaci sistemici: la colchicina riduce la sintesi di collagene e può essere assunta per bocca. L’aminobenzoato di potassio, riducendo i livelli di serotonina, ridurrebbe la fibrinogenesi bloccando il processo di estensione della placca. Acetil-L-carnitina è stata impiegata con buona riduzione dell’estensione di placca e del dolore penieno. La vitamina E riduce la liberazione di radicali liberi nel contesto della lesione ed è inoltre il farmaco con minori effetti collaterali (pressoché nulli) tra quelli impiegati;

  • terapie locali, iniettate all’interno della zona affetta: si sono rivelati efficaci sia il cortisone che il verapamil (un calcio-antagonista), tuttavia il primo può determinare assottigliamento della cute sovrastante, fino all’atrofia. In virtù delle sue proprietà nel ridurre la fibrosi e aumentare l’espressione di collagenasi, anche l’interferone è stato testato, senza ottenere risultati univoci.

Vi sono opzioni di terapia fisica non chirurgica:

  • terapia extracorporea locale con onde d’urto: mira a frammentare le placche calcifiche e permettere una maggiore elasticità del tessuto, riducendo la curvatura del pene in erezione;

  • tutori: molto utilizzati in ambito ortopedico per correggere deformità, hanno avuto discreto successo anche in questa patologia, con un’applicazione dalle 2 alle 8 ore giornaliere per 3-6 mesi, fino ad ottenere cospicui miglioramenti di lunghezza (da 0,5 a 2,5 cm) e di angolazione (riduzione dell’angolo di curvatura dai 10 ai 14 gradi).

Le terapie chirurgiche:

  • tecniche di accorciamento: sulla convessità della curvatura viene asportata una porzione di tunica albuginea che viene poi nuovamente suturata, determinando una riduzione della curvatura a spese della lunghezza;

  • trapianto di tessuto: si sono provati differenti materiali autologhi (vena safena, cute peniena, fascia temporale o tonaca vaginale del testicolo) ed eterologhi da cadavere (pericardio) sino a tessuti sintetici come politetrafluoroetilene e dacron. Risultati soddisfacenti si sono ottenuti soprattutto con il trapianto da vena safena autologa, nonostante la dissezione profonda della fascia di Buck - una guaina che avvolge il pene al di sotto della cute, ma sovrastante l’albuginea (la fascia più profonda colpita dalla patologia) - determini una ridotta sensibilità successivamente all’operazione;

  • tecniche prostetiche: per uomini con disfunzione erettile refrattaria a qualunque tipo di terapia, sono disponibili protesi gonfiabili che, nel caso di curvature di moderate entità, sono in grado di correggere almeno in parte il difetto.

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