Bulimia nervosa: cause, sintomi e trattamento

Psicologia • 20 gennaio 2017 • Commenti:

La bulimia nervosa è uno dei disturbi del comportamento alimentare più comuni. La parola bulimia significa “fame da bue”. Una persona bulimica assume un’incontrollata quantità di cibo per poi espellerlo per non metabolizzarlo, attraverso diverse modalità:

  • uso di lassativi
  • vomito autoindotto
  • estrema attività fisica

Si stima che il 3% di donne sia affetta da bulimia, specialmente in età giovanissima. Spesso si inizia già dai 12 anni, con un picco del disturbo intorno ai 17. La prevalenza di bulimici è femminile, i maschi rappresentano solo un decimo rispetto ai casi del sesso opposto.

Quali sono i sintomi della bulimia nervosa?

I sintomi della bulimia nervosa sono legati a un circolo vizioso che comprendere le seguenti fasi:

  • ossessione per il proprio peso;
  • desiderio di osservare una dieta ferrea;
  • grandi abbuffate;
  • espulsione del cibo ingerito (principalmente vomitando)
     

Le cause della bulimia sono da ricercare nelle persone che basano la propria valutazione principalmente sull’aspetto fisico, ovvero sulla ricerca della magrezza ad ogni costo, optando per la strada che sembra più efficace ed è identificata con l’appagamento attraverso l’assunzione di grosse quantità di cibo, a cui segue l’assenza di sensi colpa determinata dal rigetto del cibo assunto.

L’abbuffarsi crea infatti un senso di grande piacere, poiché rappresenta un momento in cui l’ossessione per la dieta ferrea è momentaneamente in stand by, allentando tutte le ansie legate alla paura di ingrassare, alla vergogna per il proprio corpo, ecc.

La bulimia scatena una innumerevole serie di sensazioni contrastanti, fra cui il disgusto per le proprie abitudini alimentari (che si tenta di nascondere). La crisi bulimica è caratterizzata dalla solitudine, ovvero dal tenere per sé tutti i passaggi legati al mangiare e al liberarsi del cibo ingerito in quantità eccessive. Tra i principali metodi di neutralizzazione del cibo ingerito, il più utilizzato è il vomito autoindotto a cui spesso si ricorre anche quando si assumono piccole quantità di cibo.

Gli effetti collaterali di un comportamento bulimico che si protrae nel tempo sono diversi e di varia gravità:

  • alterazione dell’equilibrio dei fluidi (rischiando di alterare gravemente i valori del sangue);
  • perdita di succo gastrico (generando disfunzioni metaboliche);
  • perdita dello smalto dei denti con rischio di scheggiarli e intaccarli e cariarli (conseguenza soprattutto di chi ricorre al vomito);
  • reflussi gastrici;
  • dolori addominali;
  • rottura dei vasi sanguigni;
  • rischio di rottura delle pareti dello stomaco;
  • danni neurologici;
  • rischio di morte.

Qual è il trattamento della bulimia?

Per la cura della bulimia nervosa, bisogna partire da una terapia psicologica mirata, nella quale il bulimico si lasci assistere da uno psichiatra specializzato in disturbi dell’alimentazione e da un nutrizionista.

Questo ciclo terapeutico – che risulta essere l’intervento di maggiore successo per la cura della bulimia – si basa su varie fasi che mirano a rendere consapevole il paziente del proprio disturbo, programmando un regime alimentare corretto e regolare, e intervenendo sulla smisurata preoccupazione per il peso corporeo e sul mantenimento dei risultati ottenuti nel corso del trattamento.

Nei casi più gravi di bulimia, ove si verifichi una perdita eccessiva di peso o un peggioramento delle condizioni cliniche, si ricorre al ricovero ospedaliero, che mira un trattamento intensivo in cui i pasti sono consumati in presenza del nutrizionista e il paziente costantemente seguito da un’equipe di medici, psicologi, fisioterapisti.

L’aiuto ad un bulimico inizia dall’ambiente che lo circonda. È importante parlare con la persona bulimica, esprimendo le proprie preoccupazioni e manifestando la presenza di un problema che va risolto.

È fondamentale suggerire di rivolgersi ad un medico o uno psicologo, offrendosi di essere presenti senza mai creare un senso di vergogna o colpa in chi soffre di questo disturbo. Dire di smettere non servirà, se prima non si crea la consapevolezza e la coscienza dell’esistenza di un problema serio dalla conseguenza potenzialmente molto pericolose.

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