Dott.
Antonio De Stefano
Psicologo,
Psicoterapeuta
Psicologo clinico
Altro
Udine 1 indirizzo
Esperienze
Ho conseguito la laurea in Psicologia clinico-dinamica presso la 'Sapienza' di Roma e la Specializzazione in Psicoterapia ad orientamento psicoanalitico a Trieste. Sono iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Friuli Venezia Giulia.
Le mie aree di trattamento riguardano le diverse manifestazioni del disagio psicologico e dei disturbi nei quali potrebbero evolvere, in giovani e adulti: ansia, depressione, stress, disturbi alimentari, sessuali, di autostima, psicosomatici, etc.
Partendo dal presupposto che il sintomo rappresenta solo la superficie del problema, il mio metodo consiste nell'aiutare il paziente a comprendere il processo psichico che sta alle base di come egli ha elaborato la propria esperienza e l'ha messa dentro di sé. Dietro ad ogni sintomo si nasconde un lato di noi che non conosciamo. Pertanto, imparare a conoscersi è cruciale perché il dolore non prenda il sopravvento, riducendo le nostre opportunità e limitando le risorse di vita che ognuno possiede.
Mio compito è accompagnare il paziente in questo percorso di scoperta in modo da fornirgli nuovi strumenti per apprendere da sé stesso.
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Giancarlo M.
Il dott. De Stefano è un professionista di grande valore che mi ha aiutato a superare efficacemente un momento di grande sofferenza e depressione in cui ero caduto. L’empatia e la sua capacità di individuare i blocchi e le emozioni alla base della sofferenza di chi si rivolge a lui sono davvero uniche. Lo consiglio vivamente.
Giovanna T.
Il dott. De Stefano è un professionista con una grande sensibilità e mi ha accompagnato con competenza ed empatia a superare un momento molto difficile nella mia vita. Lo raccomando vivamente.
Paziente
Il Dott. De stefano è un professionista di grande umanità e sensibilità. Ha un animo gentile e modi rassicuranti. È diretto, onesto e competente. Lo consiglio vivamente!
Risposte ai pazienti
ha risposto a 3 domande da parte di pazienti di MioDottore
Dopo quattro mesi di sertralina, in cui avevo beneficiato di relativa e forse solo apparente stabilità, proprio ieri sera, inaspettatamente, ha rifatto capolino il dubbio (o il sospetto?) di poter diventare, o di essere già, psicotico, o di soffrire di un disturbo ancora non catalogato dai manuali psichiatrici: mi era caduto lo sguardo sul grosso armadio collocato di fronte al mio letto, nel buio, e ne ho avuto una paura quasi infantile; o meglio, ho avuto paura di averne paura, cioè di riconoscere nel suo aspetto una minaccia, un pericolo che razionalmente so che non esiste (anche se ho il timore che una parte di me non ne sia certa al cento per cento, per cui mi sento in obbligo di rassicurarla, di piegarla con le armi della dialettica). Ancora non ho capito come devo reagire di fronte all'insorgenza di pensieri simili: devo dire a me stesso che non hanno senso, appellandomi alla ragione? Devo fare finta di niente e aspettare che scivolino via come sono venuti? Devo assecondarli anziché combatterli, lasciando che sfoghino le assurde ipotesi che mi prospettano? Eppure mi sembra che nelle scorse settimane non facevo nulla di tutto ciò: semplicemente, erano i pensieri ad essersi eclissati, senza alcun mio merito...
Salve, comprendo la sua sofferenza ed il suo tormento. Come hanno evidenziato alcune risposte precedenti, a volte il farmaco è la risposta più immediata (anche se non semplice e scontata) ad un problema che riguarda non tanto il sintomo (ingravescente, come nel suo caso: ansia, ossessioni, fobie e, tra queste, quella di impazzire) quanto una parte della sua vita interiore che sembra essersi bloccata e che pertanto "chiede", attraverso i sintomi, di essere aiutata a sbloccarsi e a crescere. Spero, pur nella difficile situazione del momento, che Lei riesca a trovare la forza di farsi aiutare da persone competenti. Resto a disposizione per qualunque ulteriore sua richiesta e la saluto. Dott. Antonio De Stefano
Gentili dottori,
Vorrei parlarvi di un vissuto emotivamente pesante per me che mi affligge da ormai un anno. Scusate in anticipo se il messaggio sarà troppo prolisso. Inizio col dire che sono un ragazzo di 17 anni che è sempre stato ansioso per quanto concerne la salute. Infatti avevo paura di avere un infarto o un ictus, oppure avevo paura di contrarre il COVID e mi lavavo assiduamente le mani ogni qual volta che sentissi le mie mani sporche. Ma il punto è un altro. Da un anno sono ossessionato da due pensieri che si alternano, ma solitamente uno prevale sull'altro. Andiamo con ordine. Una normale mattinata dello scorso anno, pensando al fatto che il giorno precendente vidi un uomo nudo nello spogliatoio, mi venne il dubbio di essere omosessuale. La mia prima reazione fu quella di masturbarmi e inizialmente mi calmai. Tuttavia il dubbio persisteva e da quel momento in poi non è più andato via. Quando mi attanaglia cerco di capire se lo sono, per esempio cercando informazioni su internet, vedendo video, oppure porno. Premetto che io mi sono sempre innamorato delle ragazze, sin dalle elementari. Mi sono sempre masturbato sulle ragazze. Cerco anche di capire se mi piacerebbe baciare i ragazzi ma la cosa mi crea confusione e non piacere. Ma il pensiero che più di tutti mi fa star male è quello di essere trans. Esso è più potente di quello precedente, sorto all'improvviso come quello di prima. Infatti stavo guardando la TV e la mia attenzione era rivolta ad un'attrice che mi piaceva fisicamente e il dubbio sorse dopo che pensai: " Bel fisico". L'estate scorsa fu brutta e questa sembra essere la replica. Stetti male e dissi tutto ai miei genitori dicendo che avevo paura di diventare qualcosa che non sono. Da quel momento cerco continuamente di capire se lo sono o meno con una serie di passaggi mentali. Per esempio mi metto a confronto con una ragazza per capire se voglio essere come lei. Spesse volte quando mi parlo al maschile o quando lo fanno gli altri il mio cervello trasforma il "lui" in "lei". Ultimamente la cosa è peggiorata perché è come se il mio cervello mi stia convincendo di essere donna e provi strane sensazioni corporee. Però quando vado allo specchio mi tranquillizzo perché mi piace ciò che vedo. Io mi sono sempre sentito maschio e non ho mai avuto problemi nel farlo. Da bambino/quasi adolescente ricordo che quando mia madre parlava di parto e di ciclo io dissi: "Menomale che sono maschio". Quando ho cominciato a masturbarmi ricordo di aver detto che mi piacesse molto il mio pene. Mi sono sempre piaciuti i baffetti che ho e non ho portato disforia per essi o per i restanti peli sul corpo. Quando ho tentato di scavare nei ricordi non ho trovato sintomi di disforia di genere, anzi all'inizio non c'era nulla che mi conducesse ad essa. Mi scuso ancora per il messaggio troppo prolisso, ma voglio chiedervi se questo per voi è un DOC oppure è altro? Grazie anticipatamente per le risposte.
Caro adolescente, è certamente motivo di grande frustrazione, disagio e sofferenza vedersi 'ingabbiato' nella ansiosa ricerca di una sua identità (di genere), quando tutto dovrebbe portarla a godere pienamente del suo momento di giovinezza. Per quanto il corredo sintomatologico che descrive possa condurci verso una ipotesi diagnostica di DOC che afferisce al disturbo d'ansia (o fobico-ansioso, con tutti gli aspetti che poi ne possono conseguire) proverei a porre la sua attenzione su un aspetto tipicamente evolutivo o, meglio, sulla grande fragilità dello stesso, che riguarda proprio un 'classico' dubbio adolescenziale, riassunto nella domanda "Io, chi sono?" Pertanto, ritengo che sia dalle vicende e vicissitudini dei suoi trascorsi di vita, e dalle relazioni che l'hanno caratterizzata, che possono scaturire t una serie di manifestazioni psicofisiche ed incertezze su di sè e la sua identità globale (ivi inclusa quella di genere), che rischiano di amplificarsi sempre di più. Le suggerisco in modo disinteressato di rivolgersi ad uno specialista che la possa aiutare ad affrontare in modo adeguato le sue difficoltà e la saluto cordialmente.
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