Buongiorno, sono una ragazza di 30 anni, lavoro da ormai 6 anni, ma vivo ancora con i miei genitori. Sono figlia unica e questo ha sicuramente influito sul forte attaccamento affettivo con i miei genitori. Da ormai circa un anno la situazione è diventata però ingestibile, ovvero da quando ho chiuso una relazione di 10 anni con una persona con cui non avevo più nulla in comune e non ero più in sintonia. Ammetto che i primi mesi dopo aver chiuso la relazione, sono stati difficili sia per me, che per i miei genitori. Ho dovuto riprendere in mano la mia vita e stravolgerla. Andava tutto bene, in casa con i miei avevamo trovato un equilibrio ed io ero tornata a star bene. Questo equilibrio però è venuto a mancare nel momento in cui ho iniziato ad uscire con un nuovo gruppo di amici. Da quel momento in poi sono iniziate infatti le pressioni dei miei, discorsi sul fatto che ho già buttato 10 anni della mia vita per una relazione sbagliata, che a 30 anni dovrei sistemarmi ed il tempo passa. In questo gruppo di amici, c'era un ragazzo interessato a me, che ha tentato di avvicinarsi. Da parte mia non era scattato nulla, non mi aveva colpito granché, ma a seguito di queste pressioni e di quei discorsi dei miei, decido di dargli un'opportunità ed iniziamo ad uscire. Sono stata subito chiara sul fatto che erano pochi mesi che avevo chiuso una relazione di 10 anni, avevo ancora i "postumi" e non ero ancora pronta a buttarmi a capofitto in una relazione. Questa cosa è stata totalmente ignorata, infatti dopo solo una settimana di uscite in amicizia, mi sono ritrovata in una relazione seria, con lui che correva come un treno e diventava ogni giorno più morboso. I miei genitori avevano preso bene l'inizio di questa relazione, perché indubbiamente era un bravo ragazzo, di buona famiglia e con un buon lavoro. Mi sono ritrovata quindi in gabbia, senza volerlo minimamente. Più passava il tempo e più sentivo però di non avere nulla in comune con questo ragazzo, non mi faceva impazzire fisicamente, aveva un carattere un po' particolare, insicuro, sempre sulla difensiva ogniqualvolta mi lamentavo di qualcosa, estremamente morboso (al punto da doverlo chiamare nei tragitti da casa a lavoro e viceversa e se ciò non avveniva, metteva il muso e mi trattava con distacco, facendomi sentire in colpa per ignorarlo e non dargli importanza). Ho resistito 5 mesi in queste condizioni, con una persona per cui non provavo nulla e con i miei genitori che non appena tornavo a casa mi facevano un interrogatorio su come stesse andando. Se esponevo i miei pensieri, se raccontavo loro le cose che non mi andavano bene e soprattutto non mi facevano stare bene, mi dicevano che sbagliavo io, che la perfezione non esiste, che così non sarei andata d'accordo mai con nessuno. Tutti questi atteggiamenti mi bloccavano dal prendere la decisione di chiudere questa relazione che sentivo non appartenermi. Qualche giorno fa, finalmente, sono riuscita a parlare con lui e dirgli chiaramente che non sto bene e non mi sembra il caso di continuare questa relazione prendendoci in giro a vicenda. Ora però la situazione in casa è diventata ingestibile, i miei genitori mi trattano con distacco e freddezza, ma a fasi alterne. In alcuni momenti sono i genitori amorevoli di sempre, in altri momenti invece quasi mi ignorano. Sto vivendo questa situazione malissimo, vivo perennemente nell'ansia, non riesco più a mangiare, ho spesso la nausea, il fiato corto e la tachicardia. Se provo a farli ragionare e fargli capire che al momento va bene così, che sto bene anche da sola, mi attaccano. Non so come uscire da questa situazione.