Ho preso litio 900 (1gg) per un anno insieme a parox.

2 risposte
Ho preso litio 900 (1gg) per un anno insieme a parox. e pregabalin(lyrica).
Ho smesso il litio che non mi ha mai fatto effetto(sempre depresso , a letto, ingrassato) ho dovuto metterlo per un diabete insipido e ho smesso pure il lyrica perché meno ansioso.
Prendo solo la parox x2 al GG ma mi sento nervoso e apatico.
Faccio psicoterapia da quasi due anni.
(Secondo lo psichiatra ho un lieve bipolarismo. Ci terrei a precisare che non condivido.)

Con lo psicoterapeuta stiamo facendo un percorso da cui fuoriesce una poca per non dire "NULLA" Motivazione, ovvero niente risposta (voglia di vivere, di uscire di casa, di farmi una vita insomma. Dovuta a traumi passati che sto cercando di superare col psicoter.

Io non voglio prendere più farmaci se non uno soltanto che sia veramente efficace e di nuova generazione.
Vorrei controllare il GABA, L'Amigdala, che come saprete incidono su serotonina e umore in generale.
Devo fare una risonanza chiusa alla testa prescritta dalla neurologa il 9 maggio.

Ora...

Siate il più convincenti possibili perché sono stufo.
Buongiorno,
purtroppo se una persona non sta bene è necessaria spesso una terapia a base di più farmaci, peraltro le assicuro che non sempre ciò che è di nuova generazione è meglio in Psichiatria. A parte questo che tipo di risposta vorrebbe? Risulta praticamente impossibile tramite una chat online con poche info riuscire a fornirle una corretta valutazione medica, per quella c'è bisogno di visita, anamnesi ect Le faccio degli esempi delle info che mancano: età, copatologie, ragione per fare risonanza, valore litio nel sangue ect Cordiali saluti

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Dr. Matteo Innocenti
Psichiatra, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
Firenze
Caro utente,

grazie per aver condiviso la sua esperienza con tanta chiarezza e determinazione. Si percepisce benissimo la fatica che sta affrontando e anche quanto si senta stanco, deluso e probabilmente frustrato da un percorso che, pur con tutti gli sforzi, sembra non aver portato ancora il sollievo e la spinta vitale che meriterebbe.

È del tutto umano sentirsi come si sente lei adesso. Dopo anni di tentativi, diagnosi che non risuonano fino in fondo, farmaci che non danno gli effetti sperati, e un malessere che sembra non mollare la presa, è normale provare irritazione, sfiducia, persino rabbia. E non è "troppo" o "sbagliato": è la reazione di una persona che continua a lottare anche quando tutto sembrerebbe dire il contrario.

La sua richiesta di “un solo farmaco, efficace, che lavori davvero dove serve” non è affatto superficiale. Anzi, è una richiesta profondamente lucida: il desiderio di semplificare, di fare ordine, di trovare qualcosa che sia finalmente allineato al proprio corpo e alla propria storia. E se da un lato è difficile promettere certezze assolute, dall’altro è anche vero che negli ultimi anni la ricerca farmacologica ha fatto passi avanti, così come si sono evoluti gli approcci terapeutici più mirati e personalizzati.

La sua intenzione di controllare meglio ciò che accade "in basso" – nel GABA, nell’amigdala, nel sistema limbico – mostra anche una consapevolezza rara, e un bisogno di comprendere a fondo ciò che succede dentro, a partire dal cervello fino alle emozioni. Questo è un punto di forza, anche se può sembrare una zavorra nei momenti peggiori.

Forse adesso la vera sfida non è “sconfiggere” qualcosa, ma trovare il giusto equilibrio tra il controllo e l’accettazione. Riconoscere quanto già sta facendo (e sta facendo molto) e concedersi anche il diritto di non dover essere “sempre operativo”, “sempre motivato”, “sempre pronto a uscire”. A volte la guarigione passa anche attraverso un’alleanza nuova con se stessi, meno fondata sul dover reagire sempre, e più sul poter stare anche nel vuoto senza colpevolizzarsi.

Ha già fatto molto. E il fatto che stia ancora cercando, ancora scrivendo, ancora chiedendo – e lo chieda con tanta forza – dice che dentro c’è una parte che vuole esserci, che vuole rinascere, ma ha bisogno di essere ascoltata senza giudizio, senza forzature.

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