Buongiorno. Mi domando se sia l'ennesima vittima dello scempio della psicofarmacologia. Non sono mai

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Buongiorno. Mi domando se sia l'ennesima vittima dello scempio della psicofarmacologia. Non sono mai stato così male in vita mia quanto negli ultimi due mesi: nel primo ho scalato il citalopram come da accordo con lo psichiatra; nel secondo ho patito i provanti effetti legati alla sindrome da sospensione di SSRI: malessere generale, nausea, brain zaps, vertigini. Nonostante sia passato oltre un mese dall'ultima assunzione della molecola, convivo con una cefalea tutt'altro che trascurabile. Tuttavia, occorre che introduca qualche precisazione aggiuntiva. Dalla maggiore età fino ai successivi quattro anni ho assunto citalopram, fino a quando mi sono reso conto di quanto inefficace fosse quella prescrizione per il mio passato trascorso depressivo, come più avanti avrebbe concordato uno psichiatra contattato privatamente. All'epoca sono riuscito a svincolarmi dalla sostanza senza grossi fastidi e senza accusare gravi effetti collaterali, né durante il trattamento e tantomeno alla dismissione del farmaco. Vivo fra alti e bassi senza sostanze fino a un anno fa, quando per una condizione ansiosa con onnipresenti pensiero ossessivo e ruminazioni mi sono recato in tre occasioni presso il pronto soccorso dove gli psichiatri visitanti mi hanno suggerito di far ritorno al CSM locale che mi aveva preso in cura anni prima. Purtroppo mi fido e mi faccio seguire. Mi viene somministrato Citalopram in abbinamento con Rxulti con la prescrizione di En al bisogno. I farmaci compiono il loro effetto comportando uno stato di atarassia e ottundimento emotivo indotto chimicamente. Non accuso particolari effetti secondi. Nel mentre avvio una psicoterapia presso un professionista privato. Dopo sei mesi di trattamento, tento lo scalaggio dei farmaci. Arrivo al solo Citalopram. La situazione peggiora. Vengo tenuto coercitivamente presso l'SPDC dell'ospedale locale dove vengo sottoposto a un trattamento farmacologico che definisco disumano. Mi vengono somministrate 6 molecole differenti: Delorazepam, Aripripazolo, Citalopram, Aloperidolo, Promazina e Biperidene: quest'ultimo per contrastare gli effetti extrapiramidali provocati dagli antipsicotici. Essenzialmente, vengo sedato con un intruglio farmacologico che sarebbe stato giustificabile soltanto se al momento avessi dato in escandescenze e fossi risultato pericoloso per me o per gli altri. Al lato pratico, sono stato ingenuamente collaborativo e ho deglutito tutto quello che mi hanno somministrato. Mai una parola fuori posto o un atteggiamento auto/eteroaggressivo che potesse destare attenzione. Nel mentre, ho subito una temporanea paralisi facciale imputabile all' assunzione di aloperidolo che è stata risolta mediante un'iniezione di chissà quale altra sostanza. Una volta dimesso, ho avvertito degli effetti devastanti sulla mia sfera sessuale, oltre a problemi di minzione non trascurabili. Riprendo la "terapia", questa volta con Aripripazolo piuttosto che Rxulti sempre in associazione con Citalopram e Delorazepam al bisogno. Mesi più tardi di nuovo la situazione peggiora. Segue lo stesso copione già esperito, con un'altra settimana di bombardamento farmacologico. Vengo dimesso e riprendo la "terapia". A partire dall'inizio di luglio inizio a scalare il Citalopram secondo le indicazioni del medico. Con enorme fatica e molta gradualità nell'arco di un mese riesco a svincolarmi dalla molecola. Dalla quarta settimana di luglio non assumo più Citalopram. Ho assunto al bisogno del Delorazepam nella terza settimana di Agosto: eccettuata questa parentesi, sarei libero dalle sostanze da oltre un mese. A breve riprenderò la psicoterapia. Purtroppo, come ho scritto all'inizio del racconto, avverto ancora una fastidiosa cefalea e in generale una sensazione di malessere come se il mio organismo non si fosse ancora liberato dalle neurotossine che ha ricevuto negli ultimi mesi. Dato che ho assunto Citalopram per quattro anni e sono riuscito a dismetterlo senza particolari problemi tre anni e mezzo fa, presumo che in questo secondo caso il suo affrancamento sia (stato) così tortuoso a causa dell'assunzione di tutti gli altri farmaci che ho indicato. Questo almeno mi suggerirebbe la logica. Quindi, in estrema sintesi, adesso mi ritrovo in pratica quasi allo stesso punto di partenza, con in aggiunta un'innegabile compromissione dell'unico bene che prima di questo maledetto periodo non mi era mai mancato: la salute fisica. La prospettiva di dover convivere con questo malessere per un tempo indefinito mi terrorizza ed esaspera all'inverosimile. Come se non bastasse tutto ciò che ho dovuto subire nel corso della mia giovane e travagliata esistenza. Posso accettare tutta la sofferenza che sono stato costretto a patire, ma non che il mio presente venga compromesso da scellerate scelte altrui, di cui ho comunque la colpa per averle accettate. Avessi reagito con maggiore diffidenza e circospezione, adesso non mi ritroverei in questa condizione misera. Mi premono due domande: quante possibilità ci sono che il mio organismo di depuri entro il termine dell'anno? Vi sono professionisti che potrei consultare per qualificare, quantificare e risolvere i danni arrecati dai farmaci: un neurologo o un endocrinologo potrebbero stabilire anomalie e fornirmi una soluzione agli scompensi indotti dai farmaci, in particolare in riferimento alla cefalea che non mi abbandona più?
Chiedo la cortesia di evitare polemiche e di focalizzare l'attenzione solo su soluzioni costruttive per porre rimedio alla cefalea e malessere generale. Grazie a chi vorrà dedicarmi del tempo a rispondermi.
Salve, le sua storia è piena di elementi da tenere in considerazione e caratterizzata dall'assunzione di numerosi farmaci. Occorrerebbe che lei rivolgesse tutti i suoi dubbi al collega che l'ha seguita per tutto questo tempo

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