Buonasera, dopo una decina d'anni dal primo attacco di panico avvenuto in una situazione altamente

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Buonasera,
dopo una decina d'anni dal primo attacco di panico avvenuto in una situazione altamente stressogena (laurea magistrale, mia mamma doveva essere operata di tumore al colon e fare dei cicli di chemioterapia, frequentavo una ragazza che minacciava il suicidio se l'avessi lasciata e mi chiamava nel bel mezzo della notte per dirmi che stava compiendo l'atto sopracitato) mentre ero in macchina, ho iniziato ad avere paura di guidare, soprattutto in autostrada, di allontanarmi troppo da casa perché avrei potuto avere un nuovo attacco di panico, cercavo di non essere mai da solo, sentivo un certo disequilibrio nel camminare... Tutti sintomi poi ricondotti, secondo gli psicologi e alcuni psichiatri, ad un disturbo d'ansia. Negli anni, nonostante non abbia assunto, se non per periodi molto brevi (fino a 6 mesi) farmaci antidepressivi ed ansiolitici, ci sono stati dei miglioramenti fino a giungere a quest'estate; premetto che è stato un anno molto pesante al lavoro, ho preso una seconda laurea. Mentre ero su un ponte molto alto (ho paura delle altezze e delle situazioni dove si perde il controllo e non riuscivo a vedere dove finisse perché c'erano gli alberi intorno) ho iniziato a sentire un'ansia fortissima che non mi ha dato pace fino ad averlo percorso per intero; ho deciso di tornare subito indietro (invece di provare a calmarmi) e a metà ponte mi sono bloccato, non ho visto più una "via d'uscita", ho pensato di perdere il controllo e ho chiesto aiuto. Da quel momento sono iniziati i pensieri che mi assillavano dieci anni prima, non sono più riuscito a guidare, mi faccio accompagnare al lavoro, non riesco a stare a casa da solo e ho paura di affrontare qualsiasi evento che la giornata mi offre: sono totalmente bloccato. La giornata è costellata da pensieri di non farcela e di sentirmi male. Detto ciò, avendo avuto effetti collaterali (5 kg in più in 6 mesi, poi nella sfera sessuale...) non vorrei, per il momento, riprendere gli antidepressivi. Nel mentre sto iniziando un percorso di psicoterapia. Ho 35 anni e in passato ho sofferto molto per il cambio di casa (avevo 10 anni) che per me è stata la perdita del "mio" mondo e dei miei punti di riferimento e ho subito due lutti che non sono riuscito ad "accettare" (mia nonna, al termine delle scuole superiori e la mia compagna quando avevo 20 anni) e ho diverse paure che mi porto dietro da quando ero piccolo. Che ne pensate della mia situazione? Vi ringrazio anticipatamente. Saluti.
Grazie per aver condiviso con tanta sincerità la tua esperienza. Quello che descrivi è un quadro molto riconoscibile di disturbo d’ansia con attacchi di panico e condotte di evitamento. È tipico che, dopo un episodio vissuto come traumatico (come quello sul ponte), si riattivino le stesse paure e pensieri del passato. Questo non significa che “sei tornato indietro”, ma che il tuo sistema nervoso ha riacceso dei circuiti che conosce già.

Dal punto di vista clinico:

È positivo che tu stia intraprendendo un percorso di psicoterapia: è la base per affrontare in modo stabile l’ansia e le paure.

Non è obbligatorio ricorrere ai farmaci se non ti senti pronto, anche se a volte possono aiutare a “sgonfiare” l’intensità dei sintomi.

L’aspetto importante è lavorare sul meccanismo di iperattivazione: ansia anticipatoria, ipervigilanza, pensieri catastrofici che alimentano la paura di non farcela.

Dal punto di vista funzionale, il corpo e il cervello parlano lo stesso linguaggio:

L’iperattivazione del sistema nervoso autonomo (aumento del tono simpatico) spiega i sintomi fisici di panico: cuore che accelera, vertigini, sensazione di perdere il controllo.

Lo stress cronico abbassa la soglia di resilienza, rendendo il cervello più “reattivo” a stimoli emotivi intensi.

Anche fattori come sonno, alimentazione, livello di infiammazione cronica di basso grado e attività fisica influenzano direttamente la stabilità emotiva.

In sintesi:

La tua situazione è affrontabile: non si tratta di qualcosa di irreversibile ma di un sistema nervoso in iperattivazione.

La psicoterapia è la scelta giusta: con il tempo può aiutarti a spezzare il circolo vizioso tra ansia e evitamento.

Parallelamente, un approccio funzionale (sonno regolare, tecniche di respirazione e mindfulness, attività fisica, alimentazione anti-infiammatoria) può sostenere il lavoro terapeutico.

Non sei solo in questo percorso: molte persone con storie simili trovano un nuovo equilibrio, anche senza farmaci, quando uniscono un lavoro psicologico profondo con la cura del corpo e delle abitudini quotidiane.

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