Nel mio lavoro con i bambini e gli adolescenti ho un approccio ad orientamento psicoanalitico, nel quale il gioco e il disegno sono strumenti fondamentali. Freud considerava il gioco come il mezzo del bambino per esprimere ciò che prova e pensa e, nel tempo, si è compreso che è anche un modo per elaborare le esperienze. Non sempre, difatti, i bambini riescono a comprendere che cosa accade dentro di loro e gli è difficile riconoscere quel qualcosa che li pervade, dargli un nome. Giocando con il terapeuta, il bambino può comprendere alcuni aspetti di sé, può “giocare” la sua rabbia o l’ansia e imparare ad agirle diversamente nella sua realtà quotidiana.
Con gli adolescenti utilizzo lo stesso approccio, ma il gioco viene sostituito dall’utilizzo delle parole e delle libere associazioni. Li accompagno nel fronteggiare i compiti di crescita, come le difficili relazioni con i pari, con i genitori, le difficoltà scolastiche, la sessualità.
Nel mio lavoro è molto importante che anche i genitori siano partner attivi nel trattamento del loro figlio perché insieme si cerca di comprendere come aiutarlo. Altre volte, invece, i colloqui avvengono solo con la mamma e il papà, che si rivolgono a me per consulenze su alcuni aspetti, come, ad esempio, affrontare le crisi familiari e le separazioni.