La professione medica - oncologo
Diario di una studentessa di medicina • 21 dicembre 2015 • Commenti:
Il primo giorno nel reparto di oncologa clinica è un crash test, devi innanzitutto capire quanti pezzi si rompono, quanti hanno retto, se te ne rimangono di ricambio.
“La professione medica non è una cosa da tutti”, ti ripetono i più negli anni di studio. Mi permetto di dissentire; la professione medica si divide in sottoinsiemi, in specialità, alcune delle quali no, non sono affatto da tutti.
Non è da tutti l’oncologia medica, perché il clinico oncologo, laureato in medicina e chirurgia, specializzato in oncologia, è anche migliaia di volte padre, marito, nipote, di quel bambino, di quella donna e di quel nonno affidati alle sue cure; è responsabile di come queste persone approcceranno alla propria malattia, non solo di come questa seguirà il suo decorso.
Il primo giorno nel reparto del professor Rossi inizia con un po’ d’ansia, gli specializzandi mi suggeriscono di non stanziare nei corridoi con l’aria spaesata, di sembrare impegnati o quantomeno desiderosi di aiutare e soprattutto capire. Così io e Luca scegliamo una stanza, l’intenzione è quella di rilevare i parametri vitali, raccogliere un’anamnesi. Nel letto 20 c’è Barbara. La semeiotica di base mi impone di osservarla ed iniziare a farmi un’idea già mentre parla; mi sembra fragile, spaventata e non proprio giovane come invece si rivelerà essere. Mi racconta della sua malattia, di come è iniziata e io so che dovrei indagare segni e sintomi ma continuo a pensare ai dettagli della sua storia: Barbara vaga da 24 mesi per tutta Italia, sballottolata da sud a nord in cerca di qualcuno che sappia come e di cosa curarla. Ha subito diversi interventi chirurgici, è invecchiata in poco tempo ma ha ancora tanta voglia di combattere. Tra le tante cose mi stupisce soprattutto la voglia che ha Barbara di raccontarsi guardandomi negli occhi, in cerca, probabilmente, più di comprensione che di rassicurazione; di quella comprensione che non ha nulla a che vedere con atti medici convenzionalmente intesi, ma che ansi si sfuma nella complicità e nella condivisione.
Sapevo che facendo il medico avrei dovuto affrontare situazioni delicate, ma nessuno ti spiega che in certi casi la difficoltà non è più l’essere all’altezza delle aspettative, a questo ci si abitua. La difficoltà vera, quella che si rinnova quotidianamente, è il dover sapere annullare le distanze, il gap apparentemente insormontabile tra il sano e il malato. La condizione miserabile e caduca che il malato avverte in tutta la sua drammaticità ti investe come un treno in corsa, non ti aspetti nulla del genere finchè finalmente non ammetti che l’accorciare le distanze è un processo che richiede impegno, tanto quanto lo studio della malattia e la progettazione della terapia.
Oncologia clinica, Barbara, gli specializzandi, mi hanno insegnato quanto sia vero che prima dell’incontro tra medico e paziente, ci sia quello tra due esseri umani, tra due storie.
Ah, chiaramente, mangiate carne, ma con moderazione!
Smettete di fumare
Iscrivetevi in palestra
Non rinunciate mai e trovate sempre il tempo per una pizza con gli amici.
Quest’ultima la suggerisce Barbara, che vi saluta e vi augura una buona giornata.