L’esperienza della pelle nelle prime relazioni oggettuali (da Ester Bick)

Esperto Manuela D'Ostilio • 5 settembre 2017 • Commenti:

La funzione primaria della pelle del bambino e dei suoi primi oggetti, può essere facilmente studiata in psicoanalisi, in relazione ai problemi di dipendenza e di separazione, nel transfert.

Nella loro forma più primitiva, le parti della personalità vengono sentite come prive di qualsiasi forza che le tenga legate fra loro, e devono perciò essere tenute insieme passivamente dalla pelle, che funziona come un confine, in un modo, che viene da esse stesse avvertito, come totalmente passivo. La funzione interna di contenere le parti del Sé dipende, inizialmente, dall’introiezione di un oggetto esterno, vissuto come capace di svolgere questa funzione.

In seguito, l’identificazione con questa funzione dell’oggetto permette di superare lo stato di non integrazione e dà origine alla fantasia di spazi esterni ed interni.

Solo a questo punto, il terreno è pronto per l’operare della scissione primaria e dell’idealizzazione del sé e dell’oggetto, come ha descritto Melanie Klein.

Quando si costituisce il concetto di uno spazio interno?

Fino a che le funzioni di contenimento non sono state introiettate, il concetto di uno spazio interno al sé non può costituirsi. L’introiezione, ossia l’introduzione di un oggetto nello spazio interno, è pertanto impedita; in sua assenza la funzione dell’identificazione proiettiva continuerà indisturbata e si manifesteranno tutte le confusioni di identità che la accompagnano.

Si può ritenere che lo stadio della scissione e dell’idealizzazione primaria del sé e dell’oggetto sia fondato quindi su questo processo precoce di contenimento del sé e dell’oggetto da parte delle loro rispettive “pelli”.

Non integrazione e disintegrazione

Vi è quindi una differenza tra la "non integrazione" come esperienza passiva di totale impotenza, e la "disintegrazione" attraverso processi di scissione come operazione attivamente difensiva al servizio della crescita e dello sviluppo.

Dal punto di vista economico, si tratta di situazioni che portano ad angosce catastrofiche nell’ambito dello stato di non integrazione, che vanno distinte dalle angosce persecutorie e depressive, più specifiche e circoscritte.

Sembra che, nello stato mentale di non integrazione, il bisogno di un oggetto che contenga spinga alla ricerca frenetica di un oggetto (una luce, un odore, una voce o un altro oggetto sensuale) che possa attirare l’attenzione e quindi essere vissuto, almeno momentaneamente come qualcosa che tiene insieme le parti della personalità.

L’oggetto ottimale è il capezzolo nella bocca, assieme alla madre che tiene in braccio il bambino, gli parla ed emana un odore familiare.

Questo oggetto che contiene è vissuto concretamente come una pelle.

Uno sviluppo difettoso di questa funzione primaria della pelle può esser visto derivare da inadeguatezza dell’oggetto reale o da attacchi fantasticati contro di esso, che ne impediscono l’introiezione.

I disturbi della funzione primaria della pelle possono portare allo sviluppo di una “seconda pelle” attraverso la quale la dipendenza dall’oggetto è sostituita da una pseudoindipendenza, nonché dall’uso inappropriato di certe funzioni mentali, o forse talenti innati, allo scopo di creare un sostituto della funzione di contenitore della pelle.

In tutti i pazienti che presentano disturbi nella formazione della prima pelle, la ricostruzione analitica rivela gravi disturbi nel periodo dell’allattamento, anche se non sempre notati dai genitori.

Il fenomeno della “seconda pelle” che sostituisce la prima integrazione della pelle si manifesta come un tipo, parziale o totale, di corazza muscolare o come una corrispondente muscolarità verbale.

L’indagine analitica del fenomeno tende a produrre stati transitori di non integrazione. Soltanto un analisi che si spinga in modo approfondito fino all’elaborazione della dipendenza primaria dall’oggetto materno può rafforzare questa fragilità sottostante.

Si deve sottolineare che l’aspetto di contenimento della situazione analitica risiede specialmente nel setting, ovvero in un’area in cui la solidità della tecnica è d’importanza cruciale.

Esperto

Manuela D'Ostilio psichiatra, psicoterapeuta Dott.ssa

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