Disturbi psicosomatici e training autogeno

Esperto Anna AmbiveriPsicoterapia • 1 aprile 2016 • Commenti:

Cos'è la psicosomatica?

Scriveva I.H. Schultz, medico tedesco e padre del Training Autogeno, che l'individuo non va considerato come corpo e come mente, ma come un'unità organismica, dove non è possibile scindere il corpo dalla mente e viceversa.

Quindi, il mondo emozionale e affettivo influenza in maniera evidente quello fisico e viceversa. La psicosomatica è una disciplina che indaga l'origine di stati patologici focalizzandosi sui legami inscindibili tra stati psicologici e il soma.

I disturbi psicosomatici primari e secondari

Quando parliamo di disturbi psicosomatici dobbiamo distinguere tra:

  1. Disturbi psicosomatici primari: dove vi è un mal funzionamento biologico sul quale si innestano aspetti emotivi che possono esasperarne la sintomatologia. Tuttavia il disturbo ha un'origine organica ben definita.
    Possiamo fare l'esempio di un malato oncologico i cui dolori sono su base psicologica, poiché non compatibili di quel tipo di tumore, oppure pazienti asmatici nei quali aumenta il numero di crisi e/o la loro gravità in concomitanza di elementi emotivi scatenanti.
    In entrambi gli esempi la situazione di patologia organica originale non ha un'eziologia psicologica.

  2. Disturbi psicosomatici secondari: dove non è in alcun modo dimostrabile un'alterazione o una disfunzione organica alla base del disturbo lamentato. Gli aspetti psicologici conflittuali si trasformano in somatizzazioni dove è il corpo che esprime il disagio psichico che non riesce a trasformarsi in parola.
    La somatizzazione va intesa, in questo caso, come manifestazione attraverso il corpo di un conflitto che non riesce ad essere espresso attraverso la parola e che la psiche scarica immediatamente sul corpo attraverso il sistema neurovegetativo ricorrendo a meccanismi di rimozione e negazione.

I disturbi psicosomatici secondari possono poi essere occasionali come in certe circostanze di sovraccarico emotivo, oppure diventare cronici.

Nel primo caso vi è uno stretto legame tra stress e sintomatologia fisica percepita, nel secondo caso le origini del disagio hanno radici più lontane e più profonde.

Mentre per i disturbi psicosomatici occasionali il soggetto può più facilmente fare dei legami tra stress e somatizzazioni, per i soggetti con somatizzazione cronica è più difficile trovare un legame tra aspetti stressori e disturbo fisico.

Il disturbo psicosomatico cronico può avere finalità molto importanti per il soggetto stesso, finalità delle quali il soggetto non ha una chiara coscienza. Queste possono essere:

  • Bisogno di essere preso in considerazione: se la parola non basta, viene usato il corpo. Nessuno può negare un aiuto a chi sta soffrendo con il corpo;

  • Può essere una fuga, un allontanamento da una realtà troppo pesante dalla quale non si vedono possibilità di uscita;

  • Può essere un rifugio dalla paura del fallimento, dall’incapacità a scegliere;

  • Può essere espressione della paura della propria autonomia e indipendenza, della paura di non essere in grado di soddisfare le richieste altrui o le proprie, della preoccupazione del giudizio altrui;

  • Il dolore del corpo può essere un dolore minore rispetto al prendere consapevolezza di dolori psichici;

  • Può essere l’espressione diretta dell’incapacità di esprimere e condividere il proprio mondo interiore, i propri sentimenti, le proprie emozioni;

  • Può essere espressione di angosce non risolte e di sensi di colpa.

Per tutti questi motivi i sintomi cosiddetti “psicosomatici” acquistano senso e possono essere compresi solo se inseriti nella storia della persona portatrice.

Spesso le persone con somatizzazioni croniche si domandano perché il loro corpo sembri boicottarli, perché proprio nel momento in cui stanno per fare qualcosa di importante o di significativo o di tanto desiderato si ritrovano con un disturbo fisico che li blocca facendo andare a monte i progetti fatti.

Oppure se non li blocca li costringe a vivere male l'evento e a non riuscire a goderselo come avrebbero voluto: per fare un esempio, quanti durante i tanto desiderati momenti di riposo lamentano forti cefalee oppure arrivano ad un incontro importante con gastralgie o attacchi colitici, oppure si bloccano con la schiena o con la cervicale che sembra far girare tutto il mondo attorno.

Schultz parlava di piano di vita che è insito in ognuno di noi. Possiamo tradurre il termine piano di vita, semplificando, con potenzialità.

I disturbi psicosomatici possono essere anche intesi come una deviazione dal piano di vita, cioè un’autolimitazione delle proprie potenzialità e risorse.

Come già detto, non è possibile dare un significato unico a questi disturbi, poiché solo la storia del soggetto stesso potrà dare loro un senso.

Come affrontare questi disturbi psicosomatici?

Uno strumento di grande aiuto può essere l'apprendimento del Training Autogeno di I. H. Schultz. Questa tecnica tiene conto dell'inscindibilità del corpo e della psiche e favorisce, attraverso la concentrazione passiva, il raggiungimento di un buon livello di rilassamento muscolare con conseguente abbassamento degli aspetti volitivi (cioè viene abbassato il controllo giudicante dell’Io cosciente).

La ripetizione delle sei formule standard realizza spontaneamente nel soggetto (quindi in modo autogeno), dopo un opportuno allenamento, uno stato di calma interiore che spontaneamente si diffonde in tutto il corpo.

L’apprendimento del Training Autogeno permette di raggiungere durante l’esecuzione degli esercizi uno stato mentale che viene chiamato “alterato” per il fatto che, pur essendo sveglio, il soggetto presenta un tracciato elettroencefalografico tipico della fase del dormiveglia o del sonno. In questo stato mentale alterato, che non può tuttavia prescindere da una buona relazione col terapeuta, si possono progressivamente liberare le emozioni prigioniere del corpo, immagini, vissuti, sensazioni, dando loro un nome ed un senso.

Ricordiamo che il disturbo psicosomatico può essere una difesa, ma al contempo è un messaggio, una richiesta di aiuto che se ascoltata dal soggetto che ne è portatore, può portare ad una trasformazione e ad un riacquisito benessere psicofisico.

Una volta appreso il Training Autogeno, questo diventa patrimonio personale del soggetto che non avrà più bisogno del terapeuta per poter contenere e ridimensionare le proprie risposte emotive, poiché ha imparato a riconoscerle e a circoscriverle.

Esperto

Anna Ambiveri psicologo, psicoterapeuta, psicologo clinico Dr.

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