Antidepressivi in gravidanza: sono sicuri?
Ginecologia • 11 marzo 2017 • Commenti:
Quello della depressione in gravidanza è un tema difficile e molto poco affrontato, una specie di tabù che le donne si trovano spesso ad affrontare da sole, con molti sensi di colpa. Eppure i dati epidemiologici sono chiari: tra il 10% e il 40% delle donne soffre di disturbi depressivi quando è incinta. Tra queste, una su quattro riceve degli antidepressivi durante la gravidanza.
Sono stati condotti molti studi sulle conseguenze dell'assunzione dei farmaci antidepressivi in gravidanza e altrettanti sulle conseguenze della depressione materna sui bambini in fase prenatale. Dunque, è sicuro assumere gli antidepressivi in gravidanza? Potrebbe avere delle conseguenze sul bambino?
Gli effetti della depressione in gravidanza sul bambino
Gli effetti della depressione in gravidanza sul bambino sono molteplici: le persone depresse tendono a prendersi meno cura di se stesse, a bere alcolici, fumare o fare uso di droghe. Possono mangiare troppo poco oppure in modo scorretto, e non recarsi dal medico per i controlli. Tutti questi comportamenti possono avere conseguenze negative anche molto gravi sul bambino.
La depressione ha effetti anche sugli altri membri della famiglia oltre alla donna e al feto, e in particolare sugli altri figli, quando ci sono. Una persona depressa può non essere in grado di accudire adeguatamente i propri figli, sia quelli che devono ancora nascere che quelli già nati.
Le donne depresse hanno livelli più alti di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress, che può provocare rallentamento dello sviluppo prenatale, parto prematuro, basso peso alla nascita. Alcuni studi suggeriscono anche un'influenza negativa sul QI e sullo sviluppo comportamentale ed emozionale.
Quello che gli studi dicono sugli antidepressivi in gravidanza
Di recente, uno studio dell'Università di Montreal ha causato molto allarme evidenziando una connessione tra l'uso di antidepressivi – in particolare di farmaci SSRI – in gravidanza, nel secondo e terzo trimestre, e la comparsa nei bambini di disturbi appartenenti allo spettro autistico. Questa connessione, affermano gli stessi autori dello studio, andrà ulteriormente indagata: lo spettro autistico è infatti qualcosa di estremamente complesso e di cui ancora si ignorano le cause precise, probabilmente riconducibili a un mix di fattori genetici, fisici e ambientali.
Altri studi hanno indagato gli effetti più fisici, giungendo a risultati pochi chiari. Alcuni hanno evidenziato un aumento del rischio di:
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aborto;
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malformazioni della testa e in altre parti del corpo;
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nascita prematura;
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ipertensione polmonare persistente (PPHN);
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basso peso alla nascita;
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basso indice di Apgar (un parametro che misura lo stato di salute e di reattività del bambino alla nascita).
Quindi prendere antidepressivi mentre sei incinta è sbagliato?
Nessun farmaco può essere considerato sicuro al 100% in gravidanza, perché è assai difficile studiare gli effetti delle medicine sullo sviluppo dei feti. È in parte così anche per gli antidepressivi. Questi possono probabilmente aumentare il rischio di alcune patologie, anche gravi, nonostante per ora non sia emerso un aumento molto significativo di questo rischio. Di sicuro anche una depressione non trattata può essere più dannosa per il tuo bambino, per te e per la tua famiglia.
Dunque come si fa a decidere? Assumere antidepressivi mentre sei incinta è una decisione che dovresti prendere insieme al tuo medico. Lui potrà consigliarti l'antidepressivo più sicuro in gravidanza sulla base delle tue esigenze. È fondamentale trovare un farmaco per la depressione in gravidanza che possa essere assunto a dosaggi minimi, sostenendo comunque il benessere della donna.
Insomma, per sapere se puoi prendere antidepressivi in gravidanza è necessario valutare attentamente con il medico il rapporto rischio-beneficio che questa assunzione comporta.
Puoi anche valutare con il tuo dottore l'opportunità di assumere degli antidepressivi naturali, come l'iperico, ma ricordati che “naturale” non significa necessariamente “privo di effetti collaterali”.